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Sul limite dell’Assoluto

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M'accecò, il tuo nome

 

suonò in sigilli fondi,

oltre le pianure.

 

Il fiume divaricò le cosce

per contenere il brivido

e intanto, schiumò la resa

la brina che si accavallava 

sull'erba, in festoni.

 

Chiamai il tuo nome

e tracimai angoscia

come una partoriente ebbra,

quando

la tua carne

nella mia

 

carne si fece

 

e carne spezzò

 

ed io restai,

scalza,

sul limite dell'Assoluto.

 Salvatore Pizzo - 11/11/2020 03:16:00 [ leggi altri commenti di Salvatore Pizzo » ]

L’intensità di questi versi è forte come la corrente di quel"fiume divaricò le cosce". Un verso che rende la potenza della natura e la sensualita che, in essa, dispiegano gli elementi in tutte le loro contraddizioni e passioni. Così ecco il richiamo che si perde, "e tracimai angoscia",il verso che sconvolge;
"quando

la tua carne

nella mia



carne si fece



e carne spezzò



ed io restai,

scalza,

sul limite dell’Assoluto."

La fisicità che si annulla nel compenetrarsi, generando sensazioni d’immensità, ma anche di smarrimento, in presenza di quell"Assoluto", oltre il quale c’è solo perdizione, smarrimento del sè.
E’ con gran piacere che torno a leggere di te.
Un carissimo saluto

 Gil - 08/11/2020 06:50:00 [ leggi altri commenti di Gil » ]

Eros trasceso nella sua verità metafisica, per eros intendiamo l’esperienza dell’amore discendente, che qui un’iconografua della maternità è ben possibile, in una formulazione di versi elegante, raffinata eppure incisiva, comunque eco, anche per il lettore, di quel linite affacciato sull’Assoluto.

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